La mafia politique existe

21 09 2009
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Comprendre l’Italie à travers ses nuances
Le blog de Eric Valmir

LA MAFIA POLITIQUE EXISTE (en marge du procès Dell’Utri)

http://radiofrance-blogs.com/eric-valmir/2009/09/18/la-mafia-politique-existe

TRADUZIONE

LA MAFIA POLITICA ESISTE (a margine del processo dell’Utri)

Di Eric Valmir, inviato speciale a Roma per France Inter

Prima di tutto, rievocazione di una definizione. La mafia non è una storia di boss, di piccoli delinquenti e di semplice organizzazione criminale, è una classe detta dirigente (imprenditori, avvocati, medici, membri della loggia massonica P2) il cui solo interesse è di preservare i propri privilegi socio economici.

I suoi legami nel mondo politico esistono da che tempo è tempo. E non è un fantasma di magistrati o di giornalisti.

I fatti sono sulla pubblica piazza. Prendiamo semplicemente l’affare della settimana. Questi cargo pieni di rifiuti tossici affondati dalla Mafia calabrese al largo delle coste italiane. Una pratica che esiste da piu’ di 20 anni.

1. La logistica che presuppongono simili operazioni. Prendere un cargo di 110 metri. Sui docks, portare i container dei rifiuti, caricarli, partire tranquillamente a 20Km al largo, e far saltare il tutto.

2. Nel ’95, dei fusti erano sfuggiti al Koraline, un altro cargo affondato. Affare archiviato per il Ministero della Giustizia.

3. Dopo la denuncia di questi crimini contro l’ambiente da migliaia di ecologisti, l’ex procuratore di Reggio negli anni ’90 aveva domandato un credito al governo per condurre un’inchiesta. Rifiuto senza spiegazioni.

4. Dichiarazione del pentito Francesco Fonti “si spedivano in Africa anche dei fusti radioattivi, in Somalia. Perchè il porto di Bosasso all’epoca era controllato dall’esercito italiano. Si sapeva che i militari distoglievano lo sguardo quando si scaricava.”

Ed ammettendo una riserva su dichiarazioni del pentito, i primi tre punti sono per contro stabiliti. Tutto come la freddezza attuale del governo Berlusconi ad accordare i mezzi per l’inchiesta in corso.

Ma non è il governo Berlusconi da biasimare, è tutto un sistema. Mai la definizione di piovra ha caratterizzato con tanta precisione una mafia tentacolare nelle ramificazioni dello Stato e dei poteri pubblici.

Già nel 1838, Pietro Calà Ulloa, magistrato di Trapani (Sicilia) scriveva : “in numerosi comuni, esistono delle unioni e delle fraternità senza colore politico, senza alcun altro legame che la dipendenza ad un capo o ad un arciprete che estorcono in tutta impunità e che sono dei “piccoli governi” nel governo. Aggrediscono i funzionari…/…Molti alti funzionari hanno preferito diventare oppressori che oppressi e si sono messi a fianco dell’illegalità…/…scam

bi di servizi che diventano un modello di società.

Nel 1877, Leopoldo Franchetti, eletto dalla destra liberale denuncia i legami tra mafiosi ed eletti. “I malfattori sono protetti da appoggi politici o da accordi economici”.

Nel 1901, in un giornale economico (Giornale degli economisti), Gaetano Mosca evoca “la Mafia dei colletti bianchi”, i compromessi tra le autorità pubbliche ed i gruppi mafiosi.

Questo dato di fatto non significa pertanto che tutto il sistema politico è marcio. Tutti gli eletti e le organizzazioni rilevanti un demanio pubblico non sono tutte implicate.

La prova, da piu’ di 50 anni, delle commissioni parlamentari anti-mafia portano avanti inchieste sui legami con il mondo politico. Investigazioni integre e tenaci.

Purtroppo (in italiano nel testo n.d.t.), come lo scrive il primo Presidente della Commissione : “quelli che si aspettano che noi riveliamo alla luce del giorno complicità e connivenza tra Mafia e mondo poltico possono ritornare a casa loro…/…questo legame costituisce la sopravvivenza della Mafia.”

Malgrado un lavoro di inchiesta e di raccolta di testimonianze, le commissioni non riescono ad attribuire delle responsabilità di determinati individui.

Per 40 anni, il PCI (Partito Comunista Italiano) ha denunciato i legami tra la Democrazia Cristiana e la Mafia. All’indomani della guerra “La Democrazia Cristiana al potere accorda l’impunità alla classe dirigente mafiosa che in cambio invia dei delinqui a schiacciare i movimenti sindacali e le rivendicazioni contadine.”

Negli anni ’60, i comunisti rimproverano alla Democrazia Cristiana di “accettare il sostegno elettorale dei delinquenti e della Mafia”.

L’errore dei comunisti è di trasformare questa denuncia in lotta politica. Un dibattito presupposto partigiano per far cadere la Democrazia Cristiana e prendere il potere. Errore strategico che profitta ai suoi avversari.

Durante questo periodo, tutti coloro, giudici, giornalisti, ma anche rappresentanti dello Stato ( il generale Dalla Chiesa assassinato a Palermo nel 1982 ) che lavoravano sulle ramificazioni tra politica e Mafia, vengono assassinati.

Bisogna aspettare il processo (dal 1992 al 2004) di Giulio Andreotti pilastro della Democrazia Cristiana per sentire la dimensione politica della Mafia citata nei tribunali ed occupare il cuore dei dibattiti.

berlusconi-dellutri

Una posta che si ritrova oggi in gioco nella Corte d’Appello di Palermo nel processo a Marcello Dell’Utri.

All’indomani di questa crisi profonda dove la Democrazia Cristiana crolla nel 1992 (collusione con la mafia, corruzione), la Mafia ha, allo stesso modo di un’impresa in crisi, passato un patto con la nuova classe poltica emergente?

La stessa questione resta posta per l’unità italiana. La Mafia già presente non ha sostenuto la creazione di uno Stato Italiano? Non per controllarlo ma per lavorarci insieme? Interrogazioni formulate da tutti gli storici e gli eletti di destra dell’epoca. “Era piu’ facile per la Mafia di avere un interlocutore unico piuttosto che dei piccoli governi locali disseminati in un sistema federale.”

Questi ultimi anni dopo il processo Andeotti e malgrado il processo Dell’Utri, la dimensione politica della Mafia è scomparsa dai dibattiti parlamentari. I comunisti non la evocano piu’.

NELLO STESSO MODO IN CUI IL MARCIO PROGRESSA SU UN FRUTTO, LA MAFIA HA TROVATO DEGLI AMICI ANCHE TRA I VERDI ED I COMUNISTI.

Il suo segreto : scoprire nell’organizzazione che la combatte, la falla umana. E sfruttarla. Un uomo è sempre fragile. E se la Mafia resiste, da parte sua, è giustamente perché dietro il suo nome, non ha mai svelato un essere umano. Degli individui isolati cadono talvolta. Dei padrini.
Colmo del cinismo, dei padrini abbandonati a sé stessi dalla Mafia, questa entità torbida e inafferrabile.

Il giudice Giovanni Falcone non a caso diceva “la mafia è un fatto umano e come tutti i fatti umani, è destinata a morire”.

Resta ancora da scoprire questo fatto umano.